Il cammino: risveglio e rinnovamento interiore
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“[…]Intona i canti dei veggenti, cedi alla saggezza, alle scintille di fuochi ormai spenti. Regolati alle temperature e alle frescure delle notti. Lascia tutto e seguiti…” 

Il Mantello e la Spiga- Gommalacca, Franco Battiato

 

Uno dei gesti più naturali, carichi sia di significati simbolici che risvolti pratici per ogni essere umano è senza dubbio quello di camminare.

Camminare rappresenta sotto il profilo storico uno stadio fondamentale dell’evoluzione biologica umana: con il passaggio dagli ominidi, che gradualmente acquistarono l’andatura bipede all’Homo erectus, la specie umana in virtù di questa affinata abilità perfezionò anche altre caratteristiche biomeccaniche e psichiche, divenendo e scoprendosi soggetto attivo del mondo.

O molto più semplicemente pensiamo a come questo gesto di concatenare un passo dopo l’altro impatti sui bambini: dopo il periodo del gattonamento iniziano infatti a testare gli equilibri e orientare la stabilità del proprio corpo, dapprima con passi incerti e lenti fino a mantenere un’andatura costante e ferma.

Camminare quindi non solo come crescita ed evoluzione fisica ma anche iniziale stadio della maturazione del proprio io, che inizia con l’abbandono quasi inconsapevole della confort zone, che porterà ogni fanciullo ad esplorare fisicamente quegli spazi che prima osservava con curiosità, mentre era nelle braccia di qualche familiare. 

Camminare generalmente ci richiama all’idea di azione, alla scoperta ma anche all’evasione, al sogno, al viaggio, al ricongiungimento con la natura o al raccordo con il proprio io.

A ben osservare il cammino non è solo un itinerario fisico che permette di spostare la massa corporea dal punto A al B, ma anche una tensione nascosta nelle mille pieghe della nostra anima.

Su questo tema merita una menzione speciale il 25 marzo, data che è coincisa con la celebrazione del Dantedì: proprio in questo giorno, secondo gli studiosi della materia, ha inizio il mirabile viaggio nell’aldilà da parte del genio fiorentino racchiuso nella sua opera Divina Commedia.

Questo cammino, lungo ed affascinate, che parte dall’inferno e che terminerà in paradiso, è stato intrapreso da Dante a metà della sua vita, quando era immerso in una grave crisi morale e spirituale. Piuttosto che arrendersi agli eventi, il sommo poeta fiorentino si gettò anima e corpo in un faticoso percorso di ricerca della verità e della salvezza. 

Facendo un parallelismo con i nostri giorni, la pandemia da Covid-19, come una riga ha livellato le differenze, ponendo molti di noi di fronte a un bivio molto simile a quello di Dante: soccombere agli eventi o agire sulla realtà reinventandola.

In questi mesi, complice un bombardamento mediatico di immagini e un proliferare di messaggi spesso contrastanti, ci siamo sentiti passivi e prigionieri di una realtà ingiusta che ha tolto sostanza ai sogni e solidità alle nostre routine organizzative, che al netto delle problematiche di carattere contingente, ci assicuravano una comoda e rassicurante circolarità, un perimetro di inviolabilità e protezione.

Soprattutto in questo delicatissimo frangente, recuperare la dimensione del cammino e la sua carica ideale potrebbe rappresentare una interessante strategia da porre in essere per recuperare le redini della nostra esistenza.

Dai cammini a sfondo religioso, quelli di Santiago, percorsi per ricevere la Compostela, alle Vie Francigene e Romee che condussero l’arcivescovo Sigerico da Canterbury, attraverso la Francia e la Svizzera, fino alla città eterna, Roma, ogni anno sono migliaia le persone che con la scusa di scoprire paesaggi marittimi, collinari e montani, addestrano il proprio corpo e risvegliano se stessi dal torpore, liberandosi da paure, incertezze e scheletri. 

Fare un cammino in periodo pandemico, in una cornice di avversità ed incertezza potrebbe essere un inaspettato ritorno all’antica saggezza: stare nel mondo significa infatti agire consapevolmente, interagire e confrontarsi con esso e le sue inaspettate trappole, in breve affrontare un momento di autentica crescita e maturazione avulso troppo spesso dalle nostre giornate incolori e standardizzate.

Seguire finalmente se stessi indipendentemente da ogni avversità ed ostacolo, è una liberazione dalle invisibili catene che le convenzioni consumistiche e metriche della sorveglianza hanno forgiato e allacciato, snaturando il modus agendi e deliberandi personale. 

Diviene ora assolutamente necessario alleggerirsi dal pesante fardello delle preoccupazioni, dai tarli invisibili che circolano nella nostra mente, da tutte quelle armature psicologiche che abbiamo indossato nel timore di non essere in grado di affrontare le imprevedibilità della vita, che coartano ogni possibilità di rinnovamento e rigenerazione 

Allora camminiamo, ricominciamo a muoverci, in tempi come questi solo chi rischia di andare troppo lontano avrà la possibilità di scoprire quanto lontano si può andare(T. S. Eliot)

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