Filo Incantato

Il Filo Incantato

by Enzo Celli

Massimo era un ragazzino a cui non piaceva aspettare. Quando era inverno e pattinava sul ghiaccio, non vedeva l’ora che arrivasse l’estate per poter nuotare; quando poi arrivava la tanto sospirata estate, desiderava l’autunno per poter giocare con il suo aquilone sul grande prato dei giardini pubblici.

Insomma, se qualcuno chiedeva a Massimo qual era la cosa che più desiderava al mondo, riceveva una risposta ben precisa: «lo vorrei che il tempo passasse in fretta…».

Un giorno d’autunno, Massimo si senti chiamare: si voltò di scatto e vide una vecchietta che lo osservava con dolcezza. La vecchietta mostrò al ragazzo una scatoletta d’argento con un forellino da cui usciva un filo d’oro e gli disse «Guarda, Massimo. Questo filo sottile è il filo della tua vita. Se proprio desideri che il tempo per te trascorra velocemente, non devi far altro che tirare un po’ il filo. Un piccolissimo pezzo di filo corrisponde ad un’ora di vita. Non dire a nessuno che possiedi questa scatoletta e buona fortuna!».

La vecchietta scomparve. Il giorno dopo, a scuola, Massimo penso di usare il filo per accorciare la lezione. Tirò con troppa decisione e senti la voce del maestro che diceva: «Le lezioni sono finite. Potete andare a casa». Massimo pensò: «Oh, come sarebbe bello aver già finito la scuola e poter lavorare!».

Decise di dare una bella tiratina al filo e così, la mattina seguente, si svegliò che aveva i baffi, faceva l’ingegnere e aveva messo su una bella fabbrica. Era molto felice del suo mestiere e per un po’ tirò il filo con moderazione, giusto solo per far arrivare in fretta i soldi a fine mese.

Conobbe Maria, una bella ragazza. Fu un matrimonio bellissimo. Un particolare turbò Massimo per un momento: la sua mamma era invecchiata, aveva già molti capelli grigi. Si penti di aver tirato così spesso il filo magico e promise a se stesso che, ora che era grande, non l’avrebbe fatto più.

Ma un giorno Maria gli annunciò sorridendo che stava aspettando un bambino.

«Aspettare» era un verbo che a Massimo non era mai piaciuto.

Non seppe resistere alla tentazione di abbracciare presto suo figlio e ricominciò a tirare il filo quasi ogni giorno. Una sera lo tirò un po’ troppo e il giorno dopo si trovò un bel po’ più vecchio e con due figli: uno andava al Liceo e l’altro all’Università.

Così tutto ricomincio da capo. Ogni volta che si presentava un problema, Massimo tirava il filo per risolverlo in fretta: quando gli affari andavano male, quando qualcuno era ammalato, quando gli veniva voglia di sapere chi avrebbe vinto il campionato di calcio, quando voleva vedere subito come andava a finire lo sceneggiato a puntate della TV…

Una mattina, Massimo si guardò allo specchio e scopri di avere i capelli bianchi. Si sentiva molto stanco e insoddisfatto. Ora la sua casa era vuota e Maria (mamma mia, come era invecchiata anche lei) non riusciva a capire come mai lei e il marito non avessero molto da ricordare della vita passata insieme.

«Sembra anche a te che tutto sia passato in un soffio?», gli chiedeva. «Come è possibile che i nostri figli siano cresciuti così in fretta?».

Massimo non poteva rispondere e si sentiva molto triste. Erano ormai due vecchietti, pieni di acciacchi, e le giornate erano più lunghe che mai. Ma ora stava ben attento a non tirare più il filo magico.

Un giorno che sonnecchiava nel parco, sulla solita panchina, il vecchio Massimo si sentì chiamare. Aprì gli occhi e vide la vecchina che, tanti e tanti anni prima, gli aveva regalato la scatoletta con il filo magico. «Allora Massimo, com’è andata? Il filo magico ti ha procurato una vita felice, secondo i tuoi desideri?».

«Non saprei… Grazie a quel filo non ho mai dovuto attendere o soffrire troppo nella mia vita, ma ora mi accorgo che è passato tutto così in fretta ed eccomi qui, vecchio e debole… Vorrei tornare ragazzino», sospirò con un po’ di vergogna. «E poter rivivere la mia vi ta senza il filo magico. Vivere come tutte le altre persone e accettare tutto quello che la vita mi riserva, senza più essere impaziente».

«Non ti resta che restituirmi la scatoletta e… buona fortuna,Massimo!».

Appena Massimo pose nella mano della vecchina la scatoletta, si addormentò di un sonno profondo.

«Ehi, dormiglione! Sveglia!».

Massimo aprì gli occhi e si trovò nel suo letto, con la mamma (giovane e bella) che lo guardava dolcemente. Corse allo specchio e vide il suo solito volto paffuto da ragazzino. Baciò e abbracciò la mamma come fossero cent’anni che non la vedeva più.

Oggi sei più vecchio di quanto tu sia mai stato, ma sei più giovane di quanto mai sarai.

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