Nel Tam tam di tutti i giorni, all’immagine del deserto l’uomo ha spesso associato significati contrastanti, con una connotazione quasi sempre negativa e semplificativa.
Il deserto, oggettivamente si staglia nella mente collettiva, come una distesa silenziosa di migliaia di metri quadrati di sabbia, un luogo ostile nel quale è difficile vivere la routine quotidiana, capace di comprime la socialità fin quasi ad annullare l’essere umano.
Se guardiamo solo alcuni passi biblici, l’assunto precedente sembrerebbe essere vero, in quanto “Nel deserto, infatti, mancano il cibo e l’acqua elementi essenziali alla vita (Num 20,5); è abitato da bestie feroci (Dt 8,15); nel deserto mancano le strade e in esso s’incontrano i briganti. Il vivere nel deserto corrisponde a una solitudine pericolosa”.
A questa sommaria ed approssimativa, seppur legittima prospettiva, influenzata dai sensi e dal retroterra narrativo e culturale ordinario, si associano conseguentemente i concetti di paura, smarrimento, disagio, solitudine.
Tuttavia, a ben osservare, il deserto ha anche giocato un ruolo propulsore e riflessivo per coloro che hanno avuto capacità e volontà di percorrere con curiosità i meandri interiori del proprio io, esplorando i mille rivoli nascosti nella mente, restituendo anche consapevolezza e rinnovato vigore a vite sprofondate nell’apatia.
La nostra esistenza è sempre più inquadrata dentro schemi quasi obbligati, poiché modellati dalle funzionali esigenze del lavoro, dalle élite dominanti in un determinato periodo storico, dagli ordinamenti politici che si sono affermati, mix che lascia poco spazio alla spontaneità e al piacere di riflettere ed esplorare.
Questa compressione invisibile e costante, si accompagna ad un bombardamento di segnali luminosi, feedback e sollecitazioni sonore, che stressano il sistema nervoso, spezzando il ritmo circadiano che dovrebbe garantire il sereno e soprattutto proficuo svolgersi delle esperienze.
Di fronte alla forza esercitata da queste due tenaglie, ci ritroviamo sempre di più a dover escogitare stratagemmi per recuperare, difendere e quindi restituire uno spazio sano a noi stessi, un perimetro neutro ed asettico nel quale navigare con i nostri pensieri, confrontarci con le nostre paure, inseguire i nostri sogni, accendere sfide che rimandiamo.
Ebbene se materialmente non tutti possiamo avere il privilegio di staccare la spina e vivere la magia ristoratrice di un deserto, possiamo però cercare di silenziare i mille campanelli, suoni e bande rumorose che attraversano la nostra mente e che ci impongono tempi e modi di vivere.
Provare ad essere anacoreti moderni sarà la nuova sfida, ricordando a noi stessi, come recita un vecchio proverbio africano che “L’oasi è fatta per il corpo, il deserto per l’anima…
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Irrequieto visionario, giurista atipico, con una passione per gli sport di endurance, la lettura e l’arte. Appena può parte per un nuovo viaggio. Dopo la laurea in Giurisprudenza ed in economia, ha conseguito una specializzazione in Professioni legali internazionali a Strasburgo e un master in Economia e management dell’innovazione sociale. La continua voglia di migliorarsi lo hanno spinto spesso a intraprendere esperienze lavorative all’estero in più ruoli ed aree tematiche (Regolazione, Politiche regionali europee e fondi strutturali, coesione e competitività, innovazione sociale ed economia della cultura). Le sue città preferite sono Napoli, Siviglia, Lisbona.
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